Skip to main content

Non sempre è facile essere una counselor. 

Ci sono momenti in cui tutto sembra troppo, in cui mi chiedo se sto davvero accompagnando la persona che ho di fronte a riconnettersi con se stessa. Questi dubbi sono naturali, fanno parte di un percorso che, in fin dei conti, non è mai lineare.

Ogni persona porta con sé un mondo complesso di emozioni, esperienze, e spesso mi domando:

Sto davvero facendo la differenza?

Poi succede qualcosa. Qualcosa di piccolo, quasi impercettibile. Un’espressione che cambia sul volto, un sospiro di sollievo che rompe il silenzio, o la luce negli occhi che lentamente ritorna.

È in quei momenti, semplici ma potentissimi, che comprendo quanto sia trasformativo l’ascolto. Essere counselor non significa risolvere i problemi dell’altro, ma essere una guida silenziosa che accompagna lungo un percorso di riscoperta.

L’ascolto diventa così un atto di presenza totale, in cui non ci sono risposte pronte né soluzioni immediate, ma solo la volontà di essere accanto. È come camminare fianco a fianco, senza forzature, solo con l’intenzione di sostenere l’altro mentre trova la propria strada.